La Galleria Frediano Farsetti di Milano presenta da mercoledì 30 marzo 2022 la terza mostra del ciclo Connection dal titolo Abstract Syndrome a cura di Lorenzo Bruni. Questo progetto espositivo, che vede coinvolti gli artisti Riccardo Guarneri, José Guerrero e Gerwald Rockenschaub, è stato ideato appositamente per i tre livelli su cui è organizzato lo spazio di via della Spiga con l’intento di erodere i confini fra mostra collettiva e personale.
L’elemento che accomuna le tre ricerche è l’ossessione per l’astrazione geometrica. Questo nel loro caso non consiste soltanto nel dedicarsi alla riduzione delle forme in segni puri, ma punta alla creazione di una dinamica combinatoria tra gli elementi con l’intento di mettere in evidenza non la forma in sé, bensì il modo in cui essa si manifesta, viene ricordata e percepita e, in ultima istanza, come può essere immaginata e concettualizzata. L’indagine sugli strumenti del dipingere è il punto da cui gli artisti partono per focalizzare l’attenzione sulle interpretazioni delle cose, ponendosi in confronto non solo con lo spazio dell’arte, ma anche con quello della propria quotidianità.
Tale approccio consente di scatenare negli spettatori che si pongono di fronte all’opera astratta reazioni più consapevoli, in relazione a un mondo ormai globale e popolato da codici altrettanto astratti, come gli algoritmi dei social media, fruibili da schermi retroilluminati, che permettono a tutti costantemente di avere accesso a ogni “sapere”. Le opere in mostra – sebbene molto diverse tra di loro per il contesto culturale e generazionale da cui nascono – sono accomunate dalla necessità di riflettere sui meccanismi che stanno dietro all’oggetto-quadro cercando una terza via rispetto alla tradizionale dicotomia, nata in seno alle avanguardie storiche, tra astratto e figurativo. Le superfici delle loro opere geometriche – sia che si tratti di una tela, come in Guarneri, o di materiali in plexiglas e vetro, come in Rockenschaub, o di immagini fotografiche come in Guerrero – suggeriscono sempre la possibilità di uscire dalla rigidità della composizione per trovare un perfetto equilibrio tra ordine e caos.
Equilibrio che coincide con la conquista da parte dello spettatore di una percezione concreta; concretezza che viene a sua volta raggiunta usando tecniche e materiali differenti. Guarneri (Firenze, 1933; vive e lavora a Firenze) utilizza colori chiari che portano alla quasi sparizione dei segni in favore di una luminosità nuova, che costringe lo spettatore a concentrarsi sull’atto del guardare. Sulle superfici dei quadri realizzati nel corso degli ultimi dieci anni convivono, infatti, macchie e linee, acquerello e acrilico, grafite e parti di scrittura, in grado di introdurre nell’opera una dimensione esistenziale ed esperienziale con cui ripensare radicalmente al periodo dell’“astrazione analitica”, a cui l’artista ha preso parte alla fine degli anni Sessanta.
Rockenschaub (Linz, 1952; vive e lavora a Berlino) declina le forme astratte in presenze inedite che si collocano a metà strada tra quadro e scultura. I volumi delle sue opere sono sempre costituiti da materiali moderni come il plexiglas, utilizzato fin dalla fine degli anni Ottanta, periodo nel quale abbandona la pittura tradizionale su tela. Si tratta di superfici uniformi e prive della connotazione romantica del “fatto a mano”, utilizzate dall’artista all’interno dello spazio espositivo come strumenti per rivelarne le caratteristiche latenti e mettere in evidenza sia la relazione tra contenitore e contenuto, sia quella tra vedere e immaginare.
Guerrero (Granada, 1979; vive e lavora a Roma) propone delle immagini fotografiche di luoghi in cui la presenza umana è assente, come se essi fossero dei dettagli di un ambiente più ampio. La sua indagine riguarda il rapporto tra architettura, memoria e storia, non con l’intento di produrre documentazioni, bensì di realizzare delle immagini in presa diretta dell’incontro con il mondo. Questo accade sia con la serie dedicata agli interni oscuri delle cave di marmo a Carrara, sia con quella sui monumenti antichi di Roma, fino ad arrivare ai recenti modellini di architettura di tipo modernista illuminati dalla luce naturale.
Le ricerche dei tre artisti Guarneri, Rockenschaub e Guerrero presenti nella mostra Abstract Syndrome tendono al monocromo per alzare il livello di attenzione dello spettatore, circondato oggi da fin troppe sollecitazioni mediatiche. Le loro opere infatti – pur basando la loro struttura su forme geometriche, colori puri e trasparenza della luce – vogliono evidenziare una
percezione inedita del tempo della fruizione. Realizzati in anni differenti, i lavori messi in dialogo tra loro nella sede della Galleria Frediano Farsetti di Milano suggeriscono nuove possibilità di indagine sugli strumenti dell’astrazione geometrica di stampo modernista e soprattutto sulla necessità di ripensare a quale può essere oggi, al tempo dei social media, questa eredità.