Fino al 7 settembre il Museo Novecento a Firenze ospita la mostra di Luca Vitone D’Apres (De Pisis- Paolini) a cura di Eva Francioli e Stefania Rispoli. De Pisis e Paolini costituiscono due importanti riferimenti per Luca Vitone, che entra nella costruzione del progetto espositivo continuando questa mise en abyme con una serie di opere site-specific all’interno della mostra D’après.
Nell’acquerello Stanze (Studio Giulio Paolini, Torino), esposto nella prima sala, l’artista mette in scena gli ambienti dell’atelier di Paolini a partire dal recupero della polvere in essi accumulata, che viene qui trasformata in non-pigmento pittorico. “La polvere parla di una cosmogonia che rimanda all’universo e all’assoluto. La polvere con la sua presenza riempie il vuoto che ci circonda. Un acquerello di polvere racconta questo vuoto e parla del mondo. La polvere è presente nello spazio metafisico di Giorgio de Chirico che cercava pittori che dipingessero il vuoto, ma il vuoto non esiste, parafrasando John Cage, e il vuoto, cioè il mondo, è Giulio Paolini che con le sue rappresentazioni dello spazio definisce i luoghi del pensiero”, dichiara Luca Vitone.
L’ambiente accanto viene quindi plasmato da Il Gladiolo Fulminato (Omaggio a Filippo de Pisis), scultura olfattiva realizzata in collaborazione con Maria Candida Gentile ispirata al dipinto omonimo di de Pisis, deliberatamente non inserito nelle sale ad esso dedicate. La tela del maestro ferrarese, dipinta nel 1930, rappresenta il momento magico della vita di un vaso da fiori e del suo gladiolo. Una magia che dura un colpo d’occhio, quello dell’artista che ha saputo cogliere l’imprevedibilità dell’attimo di una folata di vento che ha scosso i fiori. Quell’assenza di materialità è presente nella scultura che guarda al quadro e lo racconta con l’odore dei fiori nel momento del loro sfarsi. Una scultura odorosa in grado di cogliere con la sua invisibilità la materia del quadro per trasmetterne una memoria olfattiva.
L’esposizione prosegue all’interno delle sale riservate a Filippo de Pisis. L’illusione della superficialità, che ospitano le installazioni Genova nel bosco (Erbario) e Alter-ego (coincidenze). La prima opera si presenta al visitatore come un quaderno posato su un tavolino anni Quaranta: al suo interno, un erbario con foglie di 43 alberi di specie diverse. Questa raccolta, oltre a rimandare a una delle principali passioni del giovane de Pisis, si avvicina in particolar modo alla dimensione esistenziale della sua pittura in grado di esorcizzare la morte dando vita agli oggetti. Il lavoro è inoltre legato alla città natale di Vitone, Genova. Ciascun albero è dedicato a un autore che ha interpretato l’immaginario culturale ligure reso immortale dalla propria opera: da Montale a Pivano, da Germi a Villaggio, da Strozzi a Scanavino, da Alberti a Coppedé, il cui nome è celato da un anagramma che dà il nome alla pianta. La scelta del numero 43 è un omaggio alle vittime della caduta del ponte Morandi, nell’intento di trasferire loro l’immortalità.
La seconda opera, invece, fascia l’ambiente espositivo al primo piano nella sua totalità, riportandoci allo studio di de Pisis attraverso la presenza di un pupazzo con le fattezze dell’artista: dettaglio che accomuna il pittore ferrarese allo stesso Vitone, affezionato a un suo doppio incarnato in una bambola di pezza. L’immagine, che testimonia la duplice presenza dell’artista nel suo studio, presenza reale e suo simulacro, diventa reiterata in carta da parati che ricopre le pareti e accompagna la mostra retrospettiva dedicata a de Pisis.
©photo Ela Bialkowska OKNO studio