Realizzata con il sostegno del Comune di Ulassai, della Regione Autonoma della Sardegna e della Fondazione di Sardegna, Di Terra e di cielo è la mostra, aperta ieri, di Maria Lai che inaugura il CAMUC, un nuovo spazio al centro di Ulassai. L’esposizione si articola in due percorsi espositivi: uno si sviluppa dentro gli spazi del CAMUC e l’altro all’esterno, tra le vie del centro storico. La mostra, curata da Davide Mariani e firmata nell’allestimento dallo studio di architettura laiBE di Roma, riunisce oltre cento tra opere autografe, foto, video, bozzetti e nuove acquisizioni, quest’ultime frutto di recenti donazioni effettuate dai nipoti di Maria Lai alla Fondazione Stazione dell’Arte che la stessa artista creò nel lontano 2004.
Per celebrare i 40 anni di Legarsi alla montagna, l’opera in assoluto più emblematica del rapporto tra l’artista e la sua comunità, universalmente riconosciuta come la prima operazione di “arte relazionale” in Italia, il centro storico di Ulassai si accinge ad accogliere oltre cinquanta fotografie, molte delle quali inedite, che ritraggono le persone del paese intente a legare le proprie case alla montagna con 26 chilometri di nastro celeste.
«Quando nel 1981 Maria Lai realizza Legarsi alla montagna non trova, per sua stessa ammissione, il termine adatto a definire l’operazione», dichiara Davide Mariani, direttore della Stazione dell’Arte. «Quello che lascia apparentemente senza parole è un dato importante e rivoluzionario: a Ulassai l’autore dell’intervento è il paese, non un solo artista. La sua elaborazione di immagini simboliche, suggerita da leggende e racconti, era stata infatti affidata a chi, pur estraneo al mondo dell’arte, voleva contribuire operativamente con la partecipazione personale e collettiva alla creazione di questa straordinaria opera».
Collocate in diversi punti del centro storico, queste foto rappresentano importanti testimonianze di Legarsi alla montagna. Fino a questo momento quelle più note al grande pubblico sono state quelle scattate da Piero Berengo Gardin. In seguito a un attento lavoro di studio e ricerca condotto negli ultimi due anni dalla Fondazione Stazione dell’Arte, sono emerse ulteriori tracce capaci di svelare alcuni retroscena dell’azione partecipata. Tra queste, le immagini realizzate da Virgilio Lai durante l’evento che, unitamente a quelle di Berengo Gardin, sono per la prima volta esposte en plein air per le vie del paese, arricchendo l’itinerario del Museo a cielo aperto “Maria Lai”, recentemente dichiarato sito di interesse culturale dal Ministero dei Beni culturali.
«Si tratta di testimonianze – aggiunge il Sindaco Gianluigi Serra – che accrescono il ricordo di un’azione incredibilmente all’avanguardia, che ancora oggi, come auspicava l’artista, risuona nella mente di chi vi ha partecipato e di quanti ne hanno sentito parlare. Come amministrazione siamo orgogliosi e felici di poter offrire un altro importante motivo di visita del nostro paese, incentrato su un elemento culturale e identitario nel quale Ulassai si riconosce e di cui va fiera».
Il percorso negli spazi esterni costituisce la premessa per l’esposizione nel CAMUC, all’interno del quale i visitatori potranno ammirare le opere più significative di Maria Lai provenienti dalla collezione della Stazione dell’Arte, insieme a materiali d’archivio inediti o poco noti, come il servizio Rai di Romano Cannas “Il nastro di Ulassai”, trasmesso qualche giorno dopo Legarsi alla montagna nella rubrica “Cronache italiane” del telegiornale quotidiano nazionale, nel quale il giornalista ulassese, futuro direttore delle sede Rai della Sardegna, intervista l’artista sul senso profondo dell’opera.
«Nella prima sezione tematica viene proposto un approfondimento sui temi e sull’opera ‘Legarsi alla montagna’ con una serie di bozzetti e modelli che ne mostrano la genesi, così come i riferimenti concettuali», sottolinea Davide Mariani. «Al primo piano del museo viene invece dato spazio all’originale progettualità dell’artista, che si concretizza scrutando, di volta in volta, il paesaggio “da vicinissimo e da lontanissimo”, come in un viaggio che parte dal microcosmo di Ulassai e arriva al macrocosmo delle sue geografie, da cui emerge la riflessione su quel sentimento di “ansia d’infinito” a lei profondamente caro e dal quale trae ispirazione il titolo della mostra».
L’esposizione si chiude con uno spaccato sulla dimensione più intima e privata di Maria Lai, attraverso la messa in scena di alcune opere e oggetti a lei appartenuti, unitamente e una selezione di fotografie inedite della sua casa-studio, in grado di rievocare quell’atmosfera creativa che ha caratterizzato l’atelier in cui l’artista ha operato negli ultimi trent’anni della sua vita.
Costruito ai primi del Novecento, il CAMUC – Casa Museo Cannas si compone di una serie di edifici che comprendono, oltre al fabbricato principale, un insieme di piccole strutture disposte intorno ad un cortile interno, che lo rendono il complesso architettonico più articolato e imponente di Ulassai. Nell’edificio avevano sede diverse attività commerciali, gestite dalla famiglia del proprietario, Massimo Cannas, nonché l’ufficio postale. I due piani superiori erano utilizzati come abitazione padronale, mentre nel seminterrato erano collocati un moderno frantoio, un mulino elettrico per cereali e un impianto a carbone per la produzione di energia elettrica costruito nel 1924 che consentì al paese, primo della zona, l’illuminazione pubblica e privata, e operò fino al 1934. Acquistato dal Comune di Ulassai intorno alla metà degli anni Novanta, oggi, dopo un accurato intervento di recupero e riqualificazione museale a cura dello studio di architettura laiBE e dell’ing. Paolo Depau, è un centro culturale polivalente che ospita mostre, convegni, workshop, laboratori e proiezioni.
Alla Stazione dell’Arte sono attualmente allestite due mostre: Fame d’infinito, un percorso multisensoriale per vedere, toccare e ascoltare le opere di Maria Lai e Sii albero, la prima personale di Stefano Boeri in Sardegna, che comprende anche l’installazione sonora Radura degli abbracci. La personale ripercorre il lavoro e la filosofia di Stefano Boeri in un sorprendente dialogo con le opere e la poetica di Maria Lai. Il legame tra uomo e natura viene indagato attraverso un percorso espositivo che mette in evidenza le affinità e le specificità della loro produzione, aprendo una profonda riflessione sul nostro rapporto con l’ambiente. Fame d’infinito, invece, scandisce l’intero percorso di Maria Lai: dalle sculture ai disegni a matita e su china, dai telai alle tele cucite, dai celebri pani ai libri cuciti, dalle geografie alle installazioni e agli interventi ambientali.