Alla fine degli anni ’70 Vallecchi pubblica nella collana Il Pellicano comunicazione di massa un libro di Lamberto Pignotti dal titolo “Il discorso confezionato, informazione arte cultura nella società dei consumi”, un testo fondamentale per conoscere le strategie della comunicazione di massa nel periodo della loro esplosione ed invasione in ogni ambito, un’ analisi lucida e approfondita che ancora oggi ci restituisce lo specchio della società dell’epoca.
Come specificato nella quarta di copertina Il “discorso confezionato” è un discorso finalizzato alle esigenze del sistema. Costruito quotidianamente dalle comunicazioni di massa, dall’industria culturale e dal mercato dell’arte, è fatto di parole su misura, di immagini in serie, di miti ridotti, di comportamenti prescritti. Lamberto Pignotti, ne esamina gli aspetti evidenti e le strutture profonde e mostra come l’insieme dei messaggi confezionati dai giornali e dagli altri media tenda a trasformarsi in una specie di copione imposto che ci proibisce di avere una vita reale e ci impedisce le nostre scelte.
La nostra vita finisce per somigliare a una recita dai tempi sempre più brevi e rapidi ( le notizie e le idee devono essere smerciate sempre più in fretta) , e anche le aperture alternative rischiano di essere inglobate nella logica imposta dal mercato. Informazione, cultura e arte non sfuggono dunque alle leggi del consumo, tendono a farsi anch’esse oggetti di consumo. Ce ne da una convincente dimostrazione il vasto e articolato apparato iconografico, costituito dai lacerti del panorama di immagini che quotidianamente ci sovrasta.
Il libro, in tutto 156 pagine, ha al suo interno un ricco apparato di immagini fotografiche, in bianco e nero, che documentano l’evoluzione dei messaggi pubblicitari e della comunicazione attraverso manifesti, pagine di giornale, manifesti politici delle elezioni, volantini, depliant nei vari campi, dai consumi, alla società, alla politica fino all’arte.
“Pubblicità, anni settanta. Qual’è l’idea che di primo acchito ci suggerisce questa parola? Un tempo essa poteva far venire in mente i manifesti per esempio di Chéret, di Toulouse-Lautrec, di Mucha, di Cappiello, di Cassandre; ieri poteva ancora affiorare da slogan tipo ” Brindate Gancia”, “Con pasta Barilla è sempre domenica”, fino a ” Metti un Tigre nel motore” e a “Chi vespa mangia le mele”. Oggi però l’idea di pubblicità non tende a focalizzarsi unicamente nè su un’immagine azzecata nè su un’invenzione linguistica particolarmente efficace” ( dal capitolo Il Consumismo, dall’opulenza alla depressione)