Nel panorama dell’arte contemporanea italiana Paolo Masi rappresenta un unicum. Il suo percorso artistico e di rottura con il passato che inizia a Firenze negli anni Cinquanta, la città dove è nato e dove tutt’ora risiede, persegue con intensità e una straordinaria serietà e coerenza la liberazione da ogni tipo di formalismo e accademia. Lo incontriamo in una giornata illuminata dal sole primaverile di questo tempo “sospeso” che per fortuna non ferma l’arte. Sul tavolo di lavoro gli ultimi Cartoni si accendono nei colori di una tavolozza rinnovata e ci parlano di una grande vitalità, la riscoperta di cromatismi inediti e di nuovi formati per una ricerca che continua ancora oggi. Gli episodi che hanno segnato la sua carriera artistica scorrono veloci come i fotogrammi di una biografia ancora tutta da scrivere e conservano la freschezza di un attimo vissuto appena ieri. Il primo viaggio negli Stati Uniti, insieme all’amico e artista Alberto Moretti, l’incontro con l’ambiente artistico di New York e i grandi galleristi dell’epoca come Ileana Sonnabend ma anche Leo Castelli e tutto il mondo che girava intorno. “Alla Sonnabend – racconta Paolo Masi – interessavano i miei cartoni 40X40, ma se devo investire su questi lavori – mi disse – ne devo avere tanti. Una scusa per non fare niente fu la mia risposta e così si chiuse il rapporto”. “Negli Usa, negli anni ’70 – prosegue Masi – l’arte si esprimeva attraverso la performance, la fotografia, la pittura era lasciata in disparte fino a che poi non è stata lanciata la Transavanguardia. La mia generazione è stata molto ideologica e ha pagato per questo. Il mercato non doveva esistere”. “Il mio primo cartone – racconta Paolo Masi – lo trovai in Via Tornabuoni, era un 40X40, c’era appena passata una macchina sopra. Lo presi, mi piaceva per la traccia che vi aveva lasciato e per la misura, lo portai a Zona in San Niccolò, eravamo alla fine degli anni ’60, avevamo fatto una mostra e il ricavato sarebbe servito per finanziare lo spazio. Lo misi su un tavolo e subito venne venduto. E’ stato in quell’istante che compresi cosa avrei fatto da grande”.Negli ultimi anni i rifettori del mercato si sono accesi finalmente anche sul lavoro di Paolo Masi che ha riscoperto una grande vitalità creativa che ci viene confermata dalle sue parole: “I cartoni sono stati il mio risultato più ampio, venduti in tutto il mondo, anche in Cina. Adesso è un lavoro che mi viene particolarmente richiesto. Il cartone deve essere usato, deve vivere e trasmettere una vibrazione. E’ un materiale molto duttile che prende subito il segno, si può incidere, cucire con lo spago, intervenire con il colore, offre tante possibilità”.Anche se nel corso degli anni si è confrontato con tanti materiali e tecniche diverse, non ultimo anche la polaroid e la lana di vetro il cartone rimane la grande scoperta di Paolo Masi che non ha mai abbandonato la pittura, una pittura gestuale, primitiva alla Pollock, il maestro che lo ha maggiormente ispirato nel corso della sua produzione. Sebastiana Gangemi